Alla ricerca dello stress da lavoro e del benessere
Gli strumenti per l’analisi e la ricerca delle soluzioni
Il tema dello stress da lavoro correlato in questi anni ha raggiunto un buon grado di diffusione: rispetto ai primi periodi oggi esiste una maggior consapevolezza non solo nei datori di lavoro e in chi ha incarichi legati alla sicurezza ma anche nei lavoratori stessi. Come sempre, la conoscenza, crea aspettative: oggi i lavoratori si aspettano che il loro benessere sia considerato importante, che le loro difficoltà all’interno dell’azienda vengano ascoltate, prese in carico.
Quello a cui bisogna rispondere non è più quindi solo un’incombenza normativa ma una richiesta interna di costruzione o di mantenimento di un contesto/ambiente che consenta il più possibile di lavorare in modo “sano”.
Con la maturazione che questi temi hanno avuto nelle aziende, con la presenza di una maggiore cultura sullo stress e sul benessere, con la crescita delle aspettative dei lavoratori, anche l’approccio all’analisi e, poi, alle soluzioni ha dovuto adeguarsi.
Da un avvio in cui il questionario o le liste di controllo venivano utilizzate per adempiere agli obblighi normativi, al momento attuale in cui il datore di lavoro, o chi si occupa di sicurezza, cercano di “sfruttare” costruttivamente questa attività per condurre un’analisi reale sulla vita all’interno dell’azienda, sull’efficacia di alcune scelte organizzative e sulle modalità di gestione in uso all’interno.
Quello che ieri era un aggravio oggi può portare, e in alcune realtà è già così, un importante contributo all’azienda.
Ovvio è che perché questa “incombenza” diventi un “valore” è necessario che:
- l’analisi dia informazioni approfondite
- i progetti per migliorare le situazioni critiche siano coerenti
- i progetti per migliorare le situazioni critiche siano condivisi.
I questionari/check lists si sono dimostrati strumenti utili, e lo sono tutt’ora, per un’analisi generale della situazione. I vantaggi ad essi associati sono sicuramente la velocità di somministrazione e quindi, l’economicità. Grazie al buon livello di standardizzazione, inoltre, è possibile condurre comparazioni a diversi livelli, all’interno della stessa azienda ma anche come benchmark con aziende simili per dimensioni, per settore, ecc.
Quello che però non sono in grado di offrire è la possibilità di andare a fondo delle specificità dell’azienda e dei significati che i lavoratori attribuiscono ai diversi fattori.
Oltre al fatto che non sempre le persone interpretano la stessa domanda/voce nello stesso modo (esempi: “I lavoratori hanno sufficiente autonomia per l’esecuzione dei compiti” – quanto è sufficiente? – oppure “I ruoli sono chiaramente definiti” – dove? Nel mansionario o nella prassi?) – e questo già può darci dei risultati non chiari o a volte, addirittura, deviati – la fotografia che si ottiene con i questionari non contiene i dettagli concreti di come le persone vivono in una specifica realtà.
Si può quindi arrivare a capire magari che (facendo qualche esempio) le persone ritengono che “il lavoro subisce frequenti interruzioni” oppure che in azienda si ritiene che non vi sia “adeguatezza delle risorse umane necessarie allo svolgimento dei compiti” ma poi non si riesce ad arrivare fino in fondo a cosa significa questo per chi risponde al questionario e, di conseguenza, il rischio è quello di proporre progetti di miglioramento non in linea con le necessità davvero sentite dai lavoratori o che risolvono solo parzialmente la questione.
In quest’ottica stanno acquisendo sempre più rilevanza i metodi che consentono a chi conduce l’indagine di raccogliere punti di vista, approfondimenti e significati come le interviste o i Focus Group. Non ci dilunghiamo nella spiegazione di cosa si intende per intervista o su come si conduce perché è una modalità di indagine ormai conosciuta.
Preferiamo concentrarci invece sul metodo dei Focus Group di cui si sente spesso parlare ma non tutti ne hanno magari fatto esperienza diretta.
In questa sede proponiamo questo metodo in relazione al tema dello stress da lavoro correlato, ma il Focus Group è una tecnica di rilevazione che viene utilizzata in moltissimi campi (dal marketing alle indagini di clima) e che consente, attraverso un confronto tra i partecipanti, di elaborare gli elementi oggetto d’indagine in modo più ricco, grazie al confronto, e più profondo, grazie agli stimoli dei moderatori e dei punti di vista degli altri partecipanti.
Tecnicamente, in genere ad un Focus Group partecipano circa otto persone accompagnate da due moderatori. Quando le popolazioni sono ampie, pur muovendosi “a campione”, vanno attivate più sessioni di Focus per avere un quadro significativo. La durata è variabile a seconda delle finalità ma orientativamente, per indagare sui temi dello stress da lavoro correlato, si utilizzano sessioni di circa tre ore.
Questa tecnica prevede non un semplice gruppo di discussione che si confronta in modo non strutturato rispetto agli argomenti ma un percorso di analisi guidato che porta i partecipanti a ragionare su ogni singolo ambito di indagine. Per dare un esempio concreto: possono essere create delle carte (come carte da gioco) sulle quali si trovano le variabili connesse al benessere e allo stress (punto di partenza per la definizione delle carte sono ovviamente le variabili presenti nei questionari e nelle liste) e ai partecipanti viene richiesto, durante il Focus, di selezionare in gruppo le carte scegliendo quelle che considerano più rilevanti per l’azienda e/o per il ruolo, di approfondirne il significato ed esplorarne il senso relativamente all’azienda e/o ruolo. Ultima fase è la ricerca di esempi concreti, possibili impatti all’interno dell’azienda, ecc.
I risultati che si ottengono sono quindi in linea con le richieste formali della valutazione dei rischi da stress lavoro-correlato, perché sono codificabili in termini numerici (quante volte è stata scelta una carta, con quale peso), ma a questi si aggiungono anche tutti gli aspetti di vissuto e di specificità utili per ragionare poi in modo concreto sulle soluzioni.
L’utilizzo di tecniche di rilevazione di questo tipo, che cioè coinvolgono “di persona” i lavoratori, consentono inoltre di iniziare già a lavorare sulla cultura interna: più le persone si confrontano, più viene a crearsi interesse intorno al tema e questo diventerà poi fondamentale quando dovesse essere necessario attivare progetti di miglioramento.
Le analisi approfondite portano con sé cioè non solo il vantaggio più ovvio (la maggiore probabilità di individuare soluzioni più vicine alle reali necessità, più tarate, ecc) ma consente da subito un’attivazione dei lavoratori intorno alle questioni emerse e quindi un maggiore coinvolgimento. Una delle motivazioni principali per cui alcuni progetti falliscono, oppure non riescono a raggiungere i risultati sperati, è che le persone che vi partecipano ci credono poco (o nulla), vedono le soluzioni individuate come distanti dalla realtà e calate dall’alto. Essere parte attiva del processo già dall’inizio aiuta i lavoratori a sentirsi corresponsabili di ciò che viene poi deciso in azienda.
È vero che più i lavoratori sono liberi di esprimersi, più siamo esposti al rischio che emerga qualche “mal di pancia”, ma l’utilizzo di metodi come i Focus Group aiuta l’elaborazione dei problemi sotto diversi punti di vista portando le persone a lavorare in modo razionale: se vengono espressi dei “mal di pancia” questi vengono elaborati all’interno del gruppo che partecipa al Focus e rimessi in circolo in forme costruttive e propositive.
I questionari, al contrario, tendono a restare strumenti “freddi” che non portano un vero coinvolgimento dei lavoratori: inserire il proprio punto di vista con un sistema a crocette, oppure anche quando viene lasciato spazio alle domande aperte, non favorisce né l’approfondimento né l’evoluzione del pensiero.
Senza entrare troppo nel dettaglio, i macro-ambiti su cui possono emergere delle criticità a fronte di un’analisi sullo stress da lavoro correlato sono:
- di tipo tecnico, cioè legati all’ambiente fisico o alle attrezzature
- di comunicazione
- di tipo organizzativo
- di gestione ordinaria
- di politiche di gestione.
Ognuno di questi macro-ambiti ha una sua specificità e una sua complessità. Non ha senso parlare di soluzioni in modo generico, anche perché, finché le criticità non sono definite correttamente, come abbiamo detto finora, le soluzioni, per quanto possano sembrarci costruite bene, interessanti, innovative, mancano delle loro fondamenta, cioè la visione chiara e approfondita del problema.
Ragionando però sulla tipologia di questioni, possiamo riconoscere che alcuni macro-ambiti si prestano più facilmente a cambiamenti proposti dall’alto e comunque accettabili, come le questioni tecnico/ergonomiche (rumore, luminosità, ecc) o quelle di comunicazione, mentre gli altri macro-ambiti richiedono una sorta di “commitment” da parte dei lavoratori. Cambiamenti nell’organizzazione del lavoro o nelle modalità di gestione non solo hanno un impatto sulle persone ma richiedono spesso che cambi anche il modo di lavorare di ogni singolo e questo, se sulla carta è sempre considerato un bene, nel momento dell’attuazione diventa più complesso.
La possibilità di intervenire direttamente e in modo attivo già nelle prime fasi di analisi consente ai lavoratori di trasmettere in modo più chiaro il proprio punto di vista ma anche di entrare in prima persona in alcuni punti del processo di cambiamento: aumentando il livello di committenza complessivo aumentano le probabilità di avviare dei cambiamenti reali e sentiti.
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