Stupidità e Formazione
È uscito da qualche tempo il nuovo libro di Massimo Bellotto (uno dei riferimenti più solidi nel campo della formazione e delle culture organizzative in Italia e professore ordinario di Psicologia del Lavoro delle Organizzazioni all’Università degli Studi di Verona) “Stupidità e Formazione” edito da Guerini Next. Ve ne propongo un breve estratto, una riflessione sagace sulla “confusione” più o meno consapevole sulle finalità della formazione da parte delle aziende e a volte del formatore…
STUPIDITÀ DEI FINI E DEI MEZZI
La natura di ogni attività umana, la sua essenza, è definita dallo scopo che intende perseguire.
Una cosa è agire con lo scopo di conformare il comportamento lavorativo allo standard richiesto dall’azienda. Altra cosa è agire con lo scopo di supportare lo sviluppo personale e di ruolo in ambito lavorativo.
Alcuni lustri or sono, questa distinzione sostanziale era indicata dalla distinzione terminologica tra addestramento e formazione, ma ora non più.
Ora riguarda il tipo di competenze, per cui si dice “addestramento” se ci si riferisce a capacità direttamente operative, manuali o tecnico-specialistiche (ad esempio, un corso su come utilizzare una nuova procedura), mentre si dice “formazione” se ci si riferisce a competenze di ruolo, cognitive, relazionali o gestionale (ad esempio, un seminario sul diversity management).
Come se la formazione si distinguesse dall’addestramento per il tipo di contenuti e/o per lo status dei partecipanti, anziché per lo scopo specifico che intende perseguire.
Implementare le conoscenze, le capacità e le competenze delle persone che lavorano può servire sia allo sviluppo dell’organizzazione, sia allo sviluppo della persona. […]. Ma spesso non si tratta di due scopi perseguiti congiuntamente, bensì di uno scopo e di un effetto collaterale. In molti casi, affermare che lo scopo della formazione aziendale sia anche lo sviluppo della persona è un superficiale modo di dire che lo sviluppo della persona è una conseguenza o un sottoprodotto dello sviluppo dell’organizzazione (così come la concimazione della terra è il sottoprodotto della defecazione animale, non sembrando che gli animali defechino per concimare).
Sviluppo dell’organizzazione e sviluppo della persona sono obiettivi diversi, distinti, talvolta complementari e talvolta conflittuali tra loro. E uno solo è l’obiettivo primario dell’agire (un agire non può avere due obiettivi primari): l’altro obiettivo è intermedio, strumentale, un mezzo per conseguire l’obiettivo primario.
L’addestramento ha come obiettivo primario implementare le competenze in quanto utili allo sviluppo dell’efficacia e dell’efficienza del ruolo lavorativo in funzione dell’organizzazione (e se poi, in subordine, ciò serve anche allo sviluppo personale, tanto meglio).
La formazione ha come obiettivo primario implementare le competenze in quanto funzionali allo sviluppo della persona (e se poi, in subordine, ciò serve anche allo sviluppo dell’organizzazione, tanto meglio).
L’osservatore stupido vede che in entrambi i casi ci si occupa dello sviluppo delle competenze e non nota che si tratta di due cose essenzialmente diverse. Analogamente, c’è chi mangia per vivere e chi vive per mangiare: sono due cose diverse e solo l’osservatore di prima non nota la differenza, perché in entrambi i casi vede un soggetto che mangia e che vive. Così, occuparsi della relazione tra persona e lavoro in funzione della persona è altra cosa che occuparsi della relazione tra persona le lavoro in funzione del lavoro.
I dati, forniti dalle ricerche nazionali e internazionali, confermano che il proprio sviluppo personale è ritenuto molto importante dagli uomini e dalle donne, lungo tutto l’arco della vita. […]
Per l’azienda, lo sviluppo delle persone in parte è considerato un mezzo utile ai propri scopi di business: in quanto dipendenti più informati, più consapevoli e più capaci sono strumenti migliori di cui avvalersi. E in parte è considerato superfluo o dannoso: in quanto persone meno dipendenti, più consapevoli e più capaci sono interlocutori più critici e più autonomi con cui interagire per il business. […]
La formazione propriamente detta è quella che ha come obiettivo primario lo sviluppo delle persone in ambito lavorativo e che può aver luogo (può nel senso sia del can che del may) quando il committente concorda con questo scopo. E non importa per quali motivi il committente vuole lo sviluppo delle persone: se per motivi privati di ordine filantropico-riparativo, o per motivi civico-ideologici, o per motivi di internal marketing, o perché pensa che a medio/lungo termine ciò sia utile al proprio business.
A prescindere dai motivi, quando sia il committente che il formatore concordano nel definire l’obiettivo in termini di sviluppo personale, si può lavorare in modo chiaro e trasparente, tenendo conto delle opportunità presenti e dei vincoli che il contesto organizzativo pone.
È stupido chiamare con il medesimo termine “formazione” anche altre attività atte a perseguire scopi differenti, quale, per esempio, quello di influenzare i pensieri e i comportamenti dei dipendenti in una direzione prestabilita, cioè stabilita prima e da altri. Questo è un buon obiettivo della comunicazione interna o delle riunioni aziendali, dei responsabili di funzione o di prodotto, forse anche dell’addestramento, ma non della formazione in quanto tale.
Ovviamente rimane il problema dei mezzi, dei tempi e dei modi, che possono rendere più o meno efficace il lavoro di formazione, ma almeno si sa che lavoro è.
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